Apuane libere da chi?

Apuane libere da chi?

Lo scontro tra i cosiddetti “ambientalisti” e gli imprenditori ed i lavoratori delle cave (ma anche dell’indotto) è la conseguenza diretta di una scelta ideologica che definire sconsiderata è il minimo. Non si parla, da parte di “Apuane libere” delle offese intollerabili diffuse sui social in nome del “chiudiamo le cave”. Loro hanno – ovviamente – ragione, tutti gli altri inevitabilmente hanno torto. Chi vive con il marmo è un distruttore della natura, un attentatore alla bellezza di luoghi incontaminati, un rapace profittatore, insomma un ladro, senza tanti giri di parole. Questo non è vero, ovviamente.

Ma se ripetete una frase mille volte, alla fine diventerà la verità. Non occorre che sia vero. Oggi siamo tutti convinti ecologisti (salvo poi utilizzare i cellulari, i media, le lavatrici, i frigoriferi, i televisori, le batterie eccetera eccetera) ma abbiamo bisogno di un nemico per farci sentire. Allora crocifiggiamo qualcuno senza una ragione vera. Ci serve per far vedere quanto siamo intelligenti, rispettosi della natura, in prima linea contro i vampiri. Nessuno vuol vietare il libero pensiero. Semmai sono questi finti ecologisti che negano persino l’ascolto delle ragioni di chi col marmo ci vive. Dei Pasdaran della purezza ecologica. Centinaia di famiglie vivono grazie a questa storica attività, che non è anarchica, ma regolamentata da leggi molto stringenti e severe, specialmente in Toscana. Lo sanno che c’è una cava antichissima, nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio, alla quale sono stati rinnovati dalla regione Trentino-Alto Adige i permessi di escavazione ancora oggi senza grossi problemi? Certamente gli altoatesini non sono dei “nemici dell’ambiente”. Ma in Alto Adige la montagna è piena di alberghi, di strutture ricettive, di strade ben costruite, i boschi sono mantenuti in condizioni ottimali, esiste collaborazione tra Parco e popolazioni con le loro attività che convivono senza problemi da tempo immemorabile. Lì si vive della montagna e con la montagna, senza pregiudizi di nessun genere. Qua ci lamentiamo dello spopolamento dei paesi montani, ignorando le enormi difficoltà per riuscire a viverci, modificare una abitazione, a costruire una via d’accesso, a mantenere il bosco pulito. Da noi pensiamo che la natura vada lasciata libera di fare come vuole, senza interferenze. Dimenticando che è da sempre l’uomo per sopravvivere modifica l’ambiente. Non tenere conto dell’assoluta importanza sia economica che culturale del settore lapideo indica una ignoranza colossale. Non citiamo il “solito” Michelangelo (qualcuno lo ha definito “roba vecchia”) al quale principalmente si deve l’espansione di questo lavoro. O la famiglia dei Medici, che hanno utilizzato i materiali delle Apuane nei loro palazzi, nelle loro residenze. Il marmo è un prodotto naturale, duraturo, ideale per la decorazione delle abitazioni.  Ma vi sembra sensato cancellare un percorso di conoscenza che porta dal Rinascimento fino ad oggi? Cammino disseminato di sforzi, di buona volontà, di lotta con la natura ma sempre rispettandola (basta chiedere ai vecchi cavatori sulla loro attività per capirlo). Non ci sono banditi né ladri, anche se identificare gli imprenditori come banditi fa parte di una cultura anti aziendalista imbevuta di luoghi comuni che tende sempre a vedere ovunque complotti ed è sempre serpeggiata in certi ambienti. Da un lato vogliamo essere una nazione che esporta, un Paese manifatturiero, dall’altro odiamo chiunque riesca a vivere fondando una azienda, rischiando quello che possiede per costruire lavoro, e quindi ricchezza. Che è ricchezza di tutti, non di pochi fortunati. E non abbiamo grandi gruppi industriali. Il 90% delle aziende è di dimensioni piccolissime o piccole. I dipendenti sono attaccati all’azienda e la vivono come fosse di loro proprietà. Questa attività è quella che ha fatto conoscere la Toscana, la Versilia nel mondo intero. Un sasso è solo un sasso, ma se trasformato utilizzando conoscenze maturate nei secoli può diventare un capolavoro, può rivelare la sua anima.

L’intolleranza non porta da nessuna parte. Arrivare a definire la CGIL come “serva dei padroni”, con un linguaggio piuttosto antico è la spia di un ragionamento totalmente errato. La CGIL ha a cuore la difesa del comparto lapideo, così come gli imprenditori. Non è una colpa, ma un merito.  Sparare a zero su di noi in fondo è facile, ma non è facile farci fuori come qualcuno sogna. Sappiamo di utilizzare una risorsa finita (anche il silicio, anche il cobalto o il palladio o il coltan lo sono, ma dato che servono per telefonini e batterie non ha molta importanza la loro estrazione, o dovremmo rinunciare all’auto elettrica, veramente ecologica…) e la rispettiamo profondamente.  Pensare di essere i soli dalla parte della ragione non fa parte della democrazia. Discuterne? Benissimo, ma non con il presupposto di “chiudiamo tutto”. Altrimenti non esiste possibilità di dialogo. Anche se forse non è il dialogo che si vuole, dato che la ragione è solo una e dato che imprenditori e lavoratori di questo settore sono soltanto avvoltoi senza scrupoli. Occorre rispetto per le comunità che abitano le nostre montagne, che lavorano duramente e che stranamente non sono felici di sentirsi definire rapaci distruttori dell’ambiente. Rispetto per chi lavora. Solo allora si può chiedere di poter esprimere una posizione diversa, ma che deve necessariamente tenere conto della realtà.

Daniele Cardini

Portavoce Cna Marmo provincia di Lucca

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