Artigianato in coma profondo: partenza choc nel 2013

venerdì, 11 gennaio 2013, 11:01

Confermata anche per il primo trimestre 2013 la cassa integrazione in deroga per il comparto artigianato: inizia con il 22% in più di cassa integrati. Partenza shock per l’artigianato lucchese che non sembra dare, in questo avvio di anno, segnali incoraggianti di ripresa almeno nell’immediato periodo. A confermare che la tendenza non si è invertita e ci sarà ancora purtroppo molto da soffrire, è la Cna provinciale (info su www.cnalucca.it) che ha avuto, in questi primi 10 giorni dell’anno, una vera e propria esplosione di richieste di attivazione della cassa integrazione in deroga. Complessivamente hanno già richiesto la cassa in deroga per i prossimi tre mesi 58 imprese per un totale di 196 dipendenti; nel 2011 erano stati 153 mentre nel 2010 “solo” 107.

“Il 2013 sarà un anno decisivo. Alla fine dell’anno ci conteremo se non saranno messi in atto da parte del nuovo Governo provvedimenti  adeguati per rilanciare le nostre imprese– spiega Ugo Da Prato, Presidente Provinciale Cna analizzando la difficile situazione dell’artigianato locale – e vedremo chi ha avuto la forza per restare in piedi. Le imprese si stanno consumando dall’interno: gli imprenditori stanno reinvestendo tutto il loro patrimonio personale, nel tentativo di superare questa fase che ormai dura da quasi tre anni”. Secondo Da Prato l’esplosione della cassa integrazione è “ da un lato un segnale positivo perché oltre che ad essere un importante ammortizzatore sociale, garantisce all’azienda il mantenimento del proprio personale formato, patrimonio insostituibile e necessario per potersi riagganciare alla ripresa quando ci sarà, e in questo gli artigiani si mantengono fiduciosi, non volendosi arrendere alla crisi. Dall’altro lato invece riteniamo che con questo strumento si tamponi solo un problema immediato, ma toglie risorse alle politiche attive e alla formazione senza potere creare nuove opportunità di crescita per le imprese, quindi nuova occupazione.  Anche perché le risorse per la cassa integrazione prima o poi finiranno: è evidente che serve una svolta forte.

A spaventare Cna è il confronto con gli anni precedenti, molto dipenderà dalle scelte e dalle riforme che prenderà il Governo che andrà ad insediarsi: “ad oggi – spiega ancora – non abbiamo sentito nessuna coalizione, se non solo con posizioni spot, parlare di politiche efficaci per le nostre imprese. Nessuno dei partiti e delle coalizioni che si presenteranno alle politiche sembra non ricordare che il 98% del tessuto produttivo italiano è costituito da micro e piccole imprese. Nella lista delle priorità di Cna ci sono; un forte alleggerimento della burocrazia, “troppa, costosa e inutile” e la pressione fiscale “improponibile in questo contesto, soffoca le imprese, vergognoso rendersene conto e non fare niente!”, temi che dovranno essere “affrontati se l’obiettivo è quello di avere un paese moderno ed efficiente”. Infine un pensiero alle Banche e agli Istituti di Credito, argomento che sarà al centro di un incontro con il Prefetto: “stanno facendo una fredda selezione – conclude –stanno scegliendo quale malato guarire e quale invece lasciare morire basandosi su parametri lontani dalla realtà che non tengono in minima considerazione le capacità, la storia e le prospettive dell’impresa” e ai pochi che viene concesso il credito, viene fatto a condizioni e costi troppo alti.

A soffrire di più, in base alle imprese che hanno fatto richiesta della cassa integrazione, è il settore della metalmeccanica, dei servizi alle imprese e alle persone e la nautica. Andando più nello specifico carrozzerie, calzaturiero, trasporto, lapideo e legno. “Le richieste sono trasversali e non risparmiano nessuno settore. La cassa integrazione consente alle imprese di coprire i costi del personale e di sostenere il reddito dei lavoratori mantenendo pressoché intatto il livello occupazionale. Quella manodopera che con tenacia e coraggio stanno salvaguardando si dimostrerà fondamentale quando ci sarà la ripresa dei mercati”. A stare meglio e a vedere il futuro con più ottimismo sono quelle imprese che hanno costruito un percorso di internazionalizzazione e si trovano a loro agio a parlare di export: “Attualmente sono l’unica nota positiva – ammette – i segnali in nostro possesso ci dicono che le imprese, piccole o medie che siano che lavorano con l’estero e fanno eccellenza, hanno avvertito in maniera minore della crisi. Certo, siamo di fronte ad una piccola parte della grande galassia artigiana, ma è un fattore da analizzare nel dettaglio. Il crollo dei consumi interni e la riduzione del potere di acquisto, non ha invece aiutato quelle esperienze che operano nel mercato nazionale e locale”

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