“Senza impresa non c’è Italia”: gli artigiani lucchesi spiegano perché saranno alla manifestazione a Roma

sabato, 15 febbraio 2014, 15:14

Burocrazia e pressione fiscale troppo alta. Ma anche difficoltà ad accedere ai finanziamenti e a riscuotere i pagamenti dovuti dallo Stato. Sono diversi i motivi che spingeranno tanti artigiani lucchesi a partecipare, martedì 18 febbraio a Roma, a “Senza impresa non c’è Italia”, la prima mobilitazione nazionale promossa da Rete Imprese Italia, il raggruppamento di sigle dell’artigianato, commercio, turismo e terziario avanzato.

Per l’occasione Cna Lucca ha organizzato un pullman gratuito che partirà in direzione della capitale. L’intento è quello di denunciare la drammatica situazione in cui versa la piccola e media impresa nel nostro paese e chiedere al Governo un immediato cambio di rotta.

«Andiamo a Roma per far capire a chi comanda che ci siamo e che siamo in tanti – spiega Domenico Tolomei, elettricista di Capannori –. Il piccolo artigianato in questi ultimi anni è stato abbandonato a se stesso e ora è arrivato il momento di alzare la voce e chiedere al Governo delle modifiche che ci permettano di sopravvivere e continuare a lavorare». Dati recenti indicano infatti che solo in Toscana, nel settore artigiano, si è registrata nel 2013 la chiusura di oltre duemila imprese con una media di otto imprese al giorno.

«Se lo Stato non fa niente per risollevare l’economia andiamo tutti a fondo – chiarisce Olivia Ruggi, impresaria lucchese attiva mondo della grafica e della comunicazione –. Le Pmi rappresentano la stragrande maggioranza del tessuto imprenditoriale del nostro paese e senza di noi, senza le imprese che lavorano, l’Italia non va da nessuna parte». Tra i motivi principali della protesta la burocrazia, che soffoca le aziende, una pressione fiscale da record e un accesso ai finanziamenti delle banche sempre più complicato.

«Per qualsiasi cosa sono necessarie decine e decine di documenti e tempi di attesa lunghissimi – afferma Marco Pasquinelli, titolare di un calzaturificio a Lucca. A questo bisogna aggiungere le tasse, che ormai hanno raggiunto un livello praticamente insostenibile, e le banche che hanno smesso di prestare soldi. Ci sentiamo abbandonati dalle istituzioni e un imprenditore o riesce da solo a uscire da questo pantano oppure è costretto a chiudere la propria attività».

Infine la difficoltà a riscuotere i crediti vantati nei confronti del settore pubblico. «Lo Stato deve pagare alle aziende ancora un sacco di soldi e il creditore non ha garanzie perché la legge tutela chi deve ancora pagare piuttosto che chi deve riscuotere» dice Marzia Marraccini, titolare di un’azienda lucchese che produce materiale destinato all’edilizia, che conclude: «Noi artigiani abbiamo sempre pensato a lavorare ma ora dobbiamo unire le nostre forze e far sentire a tutti la nostra voce».

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