600 chili di prosciutto bazzone all’anno secondo ARSIA Toscana: quanti Grunf Grunf?

lunedì, 17 giugno 2013, 16:00

La nostra indagine sul prosciutto bazzone della Garfagnana e valle del Serchio parte con l’obiettivo di fare chiarezza sulla provenienza di questo prodotto tradizionale ormai sempre più diffuso nelle ristorazioni della Lucchesia, e non solo. La domanda che ci siamo posti è la seguente: ad un incremento di produzione di questo prodotto, dovuto alla facilità con cui quest’ultimo si trova nelle ristorazioni, corrisponde un altrettanto significativo incremento di suini allevati sul territorio tale da giustificare il successo di questa specialità? Quanti suini sono realmente presenti sul nostro territorio e sono destinati a diventare squisiti prosciutti bazzone sulle tavole dei nostri ristoranti? E, ancora, quanti allevamenti ci sono in Valle del Serchio che possiedono suini adatti a diventare prosciutti bazzone? Queste e tante altre domande ci fanno da guida nella nostra ricerca che ha lo scopo esclusivo di far luce su ciò che mangiamo a tavola, sulla provenienza reale di tale prodotto e sul reale riscontro nel nostro territorio.

Prima di iniziare riteniamo doveroso sottolineare il fatto che sui prodotti tradizionali (qual è, ad esempio, il prosciutto bazzone della Garfagnana) non vige, a differenza dei prodotti tipici, un vero e proprio regolamento riconosciuto a livello comunitario europeo. Sul prosciutto bazzone esiste una scheda identificativa, consultabile sul sito dell’Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel settore Agricolo-forestale, che indica: la categoria e la denominazione del prodotto; la sua descrizione e il territorio interessato alla produzione; osservazioni sulla tradizionalità e i dati sulla produzione. Da questa scheda apprendiamo, intanto che il territorio interessato alla produzione di prosciutto bazzone sono tutti i comuni della Garfagnana e valle del Serchio e che la produzione in atto risulta “a rischio”, ovvero in una casella intermedia tra “scomparso” e “attivo”. Altro che “invasione di suini” in valle del Serchio verrebbe da dire….Scorrendo la scheda identificativa, però, leggiamo anche: “…la tradizione del prosciutto bazzone è legata al tipo di suino usato, prevalentemente allevato in zona, prediligendo così produzioni familiari o “suino grigio”. Come si nota già da queste prime battute, il regolamento che vige su questo tipo di prodotti è molto elastico e poco dettagliato. Quel “…prevalentemente allevato in zona…” fa supporre che la disciplina conceda, in realtà, di allevare suini non per forza in valle del Serchio. Il tratto distintivo, invece, sembra essere il processo produttivo: “…rimasto invariato nel tempo senza far ricorso a sostanze additive e conservanti…”.

Venendo alla produzione e prendendo come guida, ancora una volta, la scheda messa a disposizione dall’ARSIA Toscana, leggiamo che in Valle del Serchio sono essenzialmente tre le più importanti norcinerie che producono questo prosciutto e queste si troverebbero (anche se non è specificato il nome dei produttori né la sede precisa) a Ghivizzano, Sillano e Piazza al Serchio. La scheda ci dice anche che “…la quantità annua prodotta complessivamente è di 600 kg…”, a cui andrebbe aggiunta la produzione casalinga per autoconsumo, non ben quantificabile. Contando che, sempre utilizzando i dati dell’ARSIA, il prosciutto bazzone viene fatto da maiali pesanti, macellati dopo il raggiungimento di minimo 200 chili di peso, e che le cosce pesano in media tra i 15 e i 18 kg, non dovrebbe essere difficile fare un calcolo approssimativo di quanti prosciutti (e da quanti maiali) si ricavano ogni anno. Basta armarsi di calcolatrice e voilà: 600/16,5 (come peso medio indicativo)= 36 cosce di prosciutti. Ora, sapendo che ogni maiale può dare al massimo due prosciutti, risultano 18 i maiali da cui ogni anno si ricava il bazzone. Di questi prosciutti, ci dice la scheda, la vendita viene fatta nella zona di produzione (Garfagnana-valle del Serchio) per il 50 per cento, in Toscana per il 20 per cento e nel resto d’Italia per il 30 per cento. Questo, per riportare il dato in una dimensione reale e concreta, si traduce in 36 prosciutti che verrebbero destinati: 18 in valle del Serchio, 6 in Toscana e 12 nel resto d’Italia. Dalla scheda si apprende anche che “…gli acquirenti sono soprattutto ristoratori, aziende agrituristiche e negozianti di prodotti tipici…”. Questi sono i dati, i calcoli e le deduzioni che un qualsiasi cittadino potrebbe fare alla luce di quanto è reso noto pubblicamente su questo prodotto. Noi, ovviamente, vogliamo andare in profondità e capire meglio questi dati.

Ci siamo rivolti, quindi, al Servizio Veterinario della Asl 2 di Ponte all’Ania (Barga) per avere dati precisi sul numero di suini registrati in Lucchesia, il numero di allevamenti presenti e i dati inerenti alla macellazione in loco. Pubblichiamo qua i dati che ci sono stati forniti:

I dati in possesso dell’azienda Asl 2 di Lucca in merito alle macellazioni 2012 (in ambito territoriale dei comuni di: Altopascio, Capannori, Lucca, Montecarlo, Pescaglia, Porcari, Villa Basilica, Bagni di Lucca, Barga, Borgo a Mozzano, Camporgiano, Careggine, Castelnuovo di Garf., Castiglione Garf., Coreglia Ant.lli, Fabbriche di Vallico, Fosciandora, Gallicano, Giuncugnano, Minucciano, Molazzana, Piazza al Serchio, Pieve Fosciana, San Romano in Garf., Sillano, Vagli  Sotto, Vergemoli, Villa Collemandina) in riferimento ai suini sono i seguenti:

 

Suini macellati per autoconsumo            anno 2012                                       544

 

Suini macellati in stabilimenti                 anno 2012                                       610

 

Per quanto riguarda, invece, il numero totale di allevamenti di suini, sempre secondo i dati a disposizione dell’Asl 2 Lucca in BDN, si contano 284 allevamenti complessivi al 15.06.2013. Questi dati prendono in considerazione solo gli allevamenti con un numero pari o superiore a due suini. Infine, l’Asl 2 Lucca ci ha fornito anche il numero preciso di suini registrato sul nostro territorio al 1 dicembre 2012 secondo l’Istat: 750 suini totali. Si tratta di dati approssimativi e generali, il numero di suini totali è basato su un controllo specifico di quel giorno e non fa riferimento al numero totale annuo (più alto). Così come il numero di allevamenti complessivi che non specifica quali di questi, effettivamente, allevano maiali destinati a diventare prosciutti bazzone da mettere sul mercato. Di certo, ci danno un quadro più o meno reale dell’attuale situazione in lucchesia.

Adesso siamo in attesa dei dati che ci fornirà, come promesso, l’associazione Slow Food Garfagnana e valle del Serchio in merito alla produzione e vendita del prosciutto bazzone del loro presidio così da poter definire ancora meglio la nostra ricerca e migliorare i dati che abbiamo a disposizione. Intanto ci limitiamo a dire che il prosciutto bazzone è stato inserito nel “Paniere lucchese dei prodotti tipici, tradizionali e locali” istituito di comune intesa tra la provincia di Lucca, la camera di commercio di Lucca, la comunità montana della Garfagnana, la comunità montana della Media Valle del Serchio, la comunità montana dell’Alta Versilia, la comunità montana dell’area Lucchese, la Coldiretti di Lucca, la CIA di Lucca, la Confagricoltura adi Lucca, la Confartigianato di Lucca, la Confcommercio di Lucca, la Confesercenti di Lucca e la CNA di Lucca con lo scopo promuovere il prodotto e aumentarne la commercializzazione. I prodotti del “Paniere lucchese” rispondono ad un preciso regolamento la cui corretta applicazione viene garantita da un comitato di gestione

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