Rapporto CNA sulla filiera nautica del diporto

Rapporto CNA sulla filiera nautica del diporto

La Toscana è la regione con la maggiore concentrazione di imprese della nautica la ripresa del settore è solida e stabile. Lo dice il rapporto CNA sulla filiera nautica del diporto presentato in anteprima questa mattina (12/5/17) a Viareggio

Il settore della nautica rappresenta per la Toscana una delle più importanti scommesse sul proprio sviluppo futuro, in termini di imprenditorialità e di occupazione, caratterizzato da una indiscussa leadership sui mercati internazionali di un comparto economico di grande rilevanza che comprende, oltre alla produzione nautica dei grandi cantieri, anche le piccole realtà produttive di tipo artigianale che convivono con imprese leader internazionali. La Toscana è la regione italiana che ha la maggiore concentrazione di piccole imprese della nautica: il 17,6% delle 2.773 imprese italiane, 488 aziende che occupano quasi 2.000 addetti e generano ricavi pari al 21,7% del totale del settore. In totale sono invece 535 le imprese toscane del diporto dove lavorano oltre 3.000 addetti; se si considera il più ampio sistema produttivo nautico il dato oscilla intorno alle 2000 imprese con quasi 12.000 addetti. Sono dati e osservazioni contenuti nel rapporto di ricerca sulla filiera nautica “Dinamiche e prospettive di mercato della filiera nautica del diporto – quinta edizione”, curato da CNA Produzione e presentato in anteprima questa mattina a “Versilia Yachting Rendez-Vous”.  La ricerca presenta quest’anno, oltre all’analisi delle prospettive del mercato internazionale e italiano, un focus specifico sulla “piccola nautica”, le piccole imprese del settore nautica, e un’analisi del comparto dopo ormai più di otto anni di crisi.

Il quadro generale. La pesantissima crisi recessiva che dal 2008 ha toccato anche questo comparto, così dinamico e innovativo, ha portato alla chiusura di diverse aziende e rischiato di compromettere il futuro di molte altre. Nel 2015 la crisi del settore si è arrestata: le stime di crescita del fatturato nautico registrate nel 2015 sono di circa il 15%, mentre  nel 2016 circa 11%. Ma nel 2008 il fatturato complessivo della nautica era pari a € 6 miliardi, mentre le stime per il 2015 sono pari a € 2 miliardi e mezzo. Secondo gli ultimi dati il nostro Paese, con una valore della produzione pari a 1,7 miliardi di euro, rappresenta il 10% del mercato mondiale delle nuove imbarcazioni da diporto ed è il secondo Paese produttore al mondo dopo gli Stati Uniti, mentre per la cantieristica dei grandi yacht è leader assoluto nel mondo. La percentuale della produzione cantieristica rivolta all’export in Italia supera il 90%.  La leadership della cantieristica italiana è, nei fatti, un ‘gioco di squadra’: la grande cantieristica è affiancata, infatti, da tutta la filiera di supporto con realtà produttive di eccellenza che operano nel settore della subfornitura (motoristica, meccanica, produzione metallurgica), dei servizi, nella quale confluisce il settore della riparazione (refitting) e nel commercio (vendita dell’accessoristica) e charter (attività di noleggio barche, ecc.).

La filiera della piccola nautica (imprese con fatturato non superiore a € 5,1 milioni) è una realtà produttiva composita: costruzione di imbarcazioni a motore; verniciatura e lucidatura scafi; installazione, manutenzione e riparazione di impianti e attrezzature; allestimenti interni e esterni; costruzione, manutenzione e riparazione di imbarcazioni da pesca e a vela.

Nel 2014 la filiera della “piccola nautica” era composta da 2.773 imprese con 11.037 occupati (71,8% dipendenti) e ricavi pari a € 934,1 milioni e redditi  pari a € 58,1 milioni. Si tratta in prevalenza di imprese individuali e società di capitali (rispettivamente 41,7% e 40,0% del totale) con una dimensione media di 4 addetti;  imprese con dipendenti 51,2%; ricavo medio € 351mila. Il 68,7% opera in conto/terzi, il 6,0% in contro proprio, mentre il restante 25,3% in forma mista.

Il refitting è l’attività prevalente: 31,8% delle imprese e 17,2% degli addetti, 15,4% del fatturato totale, redditi generati 30,0% del totale. Si raggiunge quasi il 50% se il refitting viene considerato insieme ai servizi di rimessaggio, manutenzione e riparazione: i due cluster contribuiscono al 47,8% della base produttiva, al 29,6% dell’occupazione, al 27,6% dei ricavi e al 43,6% dei redditi generati.

Nella filiera della piccola nautica hanno un ruolo importante anche: costruzione di imbarcazioni a motore in conto proprio e conto terzi con il 16,3% delle imprese e il 26,6% degli addetti che genera il 30,6% dei ricavi; attività di verniciatura/lucidatura degli scafi 11,5% delle imprese e 20,9% dei redditi; installazione/manutenzione/riparazione di impianti e attrezzature 9,6% delle imprese e circa il 13% di occupazione, ricavi e redditi. Meno importanti in termini di numero di imprese, dimensione occupazionale ed economica sono i cluster di allestimenti interni ed esterni (5,3% delle imprese della filiera), la costruzione/manutenzione/riparazione di imbarcazioni da pesca (6,9%) e la costruzione/manutenzione/riparazione di barche a vela (2,6%).  Nel 2014 i comparti di costruzione barche a vela e a motore in conto proprio sono i soli in perdita con redditi pari, rispettivamente, a € -572,5mila e € -1.870.686 mila.

L’impatto della crisi sulla filiera della piccola nautica Tra il 2009 e il 2014 il numero delle imprese si è ridotto di 446 unità (-13,9%), l’occupazione complessiva di 2.998 unità (-21,4%), l’occupazione dipendente di 2.488 unità (-23,9%); l’82,9% dei posti di lavoro persi erano alle dipendenze. In 5 anni le imprese con dipendenti sono diminuite del 13,9%, mentre la dimensione media delle imprese si è ridotta da 4,4 a 4 addetti per impresa.

A subire maggiormente il peso della recessione sono state le società di persone e le ditte individuali (rispettivamente -25,9% e -16,9%), il numero delle società di capitali è rimasto sostanzialmente invariato (-2,9%). Le imprese rimaste sul mercato hanno reagito ristrutturandosi e riducendo le perdite che, in media, sono diminuite del 37,3% (da circa € 90mila nel 2009 a € 56mila nel 2014 per impresa). Il risultato di questo processo di ristrutturazione è evidente nelle dinamiche dei ricavi medi delle imprese: tra il 2009 e il 2014 sono diminuiti del 9,9%. Tra il 2012 e il 2014 si assiste a un aumento (+5,0%) non sufficiente però a recuperare il crollo precedente (-14,2%).

La distribuzione territoriale della filiera della piccola nautica Le imprese della filiera sono presenti in tutte le regioni italiane, escluso la Valle d’Aosta. Considerando la distribuzione regionale delle 2.773 imprese censite nel 2014 dagli Studi di settore, si rileva la più forte presenza in Toscana che ha il 17,6% delle strutture produttive (488 imprese) con ricavi pari al 21,7%.

Le strategie per il settore della nautica

Un’area di criticità riguarda le condizioni di contesto complessivo in cui operano le aziende nautiche. La carenza della “cultura della nautica” in Italia rende la domanda interna molto debole anche a causa di normative penalizzanti. Occorrerebbe partire da una educazione alla cultura del mare, da un nuova immagine della nautica che è cultura, turismo, sport, famiglia, tempo libero e occupazione.

Dalla fotografia della filiera nautica e dell’intero settore emerge la necessità di  incentivare e valorizzare l’integrazione funzionale tra i cantieri e la rete di subfornitori specializzati in modo che tutti i soggetti della filiera creino quel circuito virtuoso indispensabile per rendere il settore sempre più competitivo e innovativo. Il motore della nostra base produttiva è costituito, anche per questo comparto, dalla tutela dell’ “artigianalità”.

Manca ancora la percezione del valore economico e occupazionale dei servizi costieri; dalla cantieristica del Refit & Repair che vede l’Italia tra i leader mondiali, ai servizi turistici costieri particolarmente per i grandi yacht. I servizi della nautica in Italia devono rivolgersi sempre più ad una clientela estera. Ma la nostra normativa è ancora deficitaria, particolarmente in confronto ai principali competitor costieri, quali Francia, Spagna, Grecia, Turchia, Croazia e Montenegro. L’Italia, che conta un’estensione costiera di 8.000 km, ha una dotazione infrastrutturale nautica nettamente inferiore in confronto ai due principali paesi europei vicini, Francia e Spagna. La nostra distribuzione pari ad 1 infrastruttura ogni 14,2 km di costa è molto al di sotto dei valori di 1 ogni 8 km della Francia e 1 ogni 6,4 km della Spagna. Occorrerebbe una regolamentazione del settore molto più snella, una forte razionalizzazione e semplificazione del regime amministrativo, dei controlli e dei vari soggetti deputati a presidiarli.

Infine, anche a livello di prodotto è ancora poco percepito il valore del prodotto italiano da parte della clientela. E’, purtroppo, ancora limitata la capacità dell’industria nautica di valorizzare il proprio prodotto e servizio. Occorrerebbe, dunque, una più attenta opera di posizionamento e reputazione, supportata dal mondo istituzionale, nei confronti dei più strutturati competitor tedeschi e olandesi. Non dimentichiamo che molto spesso anche le più belle imbarcazioni realizzate da cantieri olandesi, tedeschi, inglesi e americani, portano la firma di designers e artigiani italiani.

Un estratto dal rapporto “Dinamiche e prospettive di mercato della filiera nautica del diporto – quinta edizione”

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